Gli oratori furono le sedi naturali dove si svilupparono le Contrade. Le assemblee popolari avvenivano nelle chiese che, soprattutto dalla fine del ‘500 con la caduta della Repubblica in mano alla guelfa Firenze e ancor più con la Controriforma, divennero luoghi ideali di riunione. Qui infatti, unitamente alla preghiera, si poteva discutere liberamente dei vari problemi sociali.
Spesso i membri di una Contrada facevano parte di una compagnia laicale e ne utilizzavano la chiesa ma, anche quando non era così, per le riunioni tra contradaioli veniva richiesto l’uso di una parrocchia del rione, pagando un “affitto”. Alcune Contrade organizzarono i primi incontri in casa di uno degli “Ufficiali” oppure anche in luoghi pubblici, ma non furono la maggioranza; le chiese erano gli unici edifici veramente popolari e ai quali tutti potevano accedere facilmente.
Dopo la caduta della Repubblica, le Contrade si adattarono ai tempi dandosi una organizzazione interna di tipo religioso ed avevano ormai come obbiettivo principale quello di costruirsi un proprio oratorio in cui celebrare il culto (funzioni religiose ordinarie e straordinarie, riti in suffragio delle anime del Purgatorio, processioni particolari oppure la benedizione del cavallo) ma anche riunirsi per discutere sui problemi della vita civile del rione o soltanto per deliberare sulla partecipazione ai pubblici giochi.
La Chiocciola, dopo essersi riunita per molti anni in una casa di sua proprietà ubicata di fronte al pozzo pubblico dove la strada che sale via San Marco forma un bivio, eresse il suo oratorio nel 1656.
Il progetto venne approvato nel 1655 e la cappella edificata venne intitolata alla Vergine del Santissimo Rosario: la sua ubicazione risultava vantaggiosa sia tecnicamente che economicamente, infatti la nuova costruzione si appoggiava ad una costruzione esistente, quindi si riducevano i costi di costruzione.
Ne abbiamo notizia anche dall’archivio della Contrada, in una raccolta di documenti manoscritti, dove si legge:
“Nel 1655 Salvatore Biagio Scala Falegname Priore propose di fabbricare una chiesa in onore della B. Vergine del Rosario per radunarvisi per discorrere o trattare negozi della Contrada e per precisare il Vespro. Fu fabbricata in una casa incontro al Pozzo pubblico, detto di S. Marco e terminata il dì 12 Agosto 1655. Fu benedetta e vi si cominciò ad uffiziare da un sacerdote con il titolo di Correttore, da un Abitatore con il nome di Priore più un Vicario, due Consiglieri, un Custode, quattro Sagrestani, due Maestri dei Novizi, un Camerlengo”.
Sulla facciata fu posta un’immagine del 1373, rappresentante la Madonna detta “del Forcone”, attribuita a Iacopo del Pellicciaio e molto venerata dal popolo di San Marco.
Della necessità di costruire un oratorio, così come della devozione di cui fosse oggetto l’immagine della Madonna del Rosario da parte del popolo di San Marco, si parla anche nella parte introduttiva del manoscritto del 1663 che raccoglie i “Capitoli et ordini” e che è conservato nell’Archivio della Contrada:
“Forza grande, e meravigliosa hebbe sempre nei petti humani l’esempio: Quindi è che i nostri habitatori dispiacendoli molto nelle adunanze, e Consigli soliti farsi, non haver luogo suo proprio, per ritirarsi, et radunarsi, stimolati non meno dalla necessità, che dall’esempio delle altre Contrade haver luogo suo, et in esso da vantaggio, esercitarvi li offici di devotione cristiana; più volte in vari tempo motivato, mandare ad effetto sì lodevole pensiero; finalmente sapendo possedere una casa, minacciando ruina la facciata, nella quale apparisce dipinta l’antica Immagine di Maria Vergine Nostra Avvocata, con molti Santi, nell’risarcilla moltiplicati li caritativi aiuti di casa vilissima, che era, dato principio all’opera, come apparisce nel libro segnato A. fo. 63 fu ridotta in uso di Chiesa e dedicata alla Gloriosa Vergine Maria del Rosario, dove, con la Dio Gratia, e dell’istessa Vergine giornalmente vi è il concorso delli habitatori, e di altre genti, sempre con maggior honore e culto divino”.
Una curiosa tradizione popolare vuole che l’immagine della Madonna del Rosario fosse stata regalata da una donna del rione, la quale, nel traslocare dalla sua abitazione, l’aveva dimenticata sopra il caminetto. La donna, tornata indietro per prendere alcuni oggetti dimenticati, mentre stava per uscire definitivamente avrebbe sentito una voce che le diceva: “Oh! Che mi vuoi lasciare qui? Perché non mi porti con te?”.
Spaventata, girò lo sguardo, vide l’immagine sopra il camino e corse dalle vicine a raccontare il fatto. Si gridò al miracolo. Avvisato il correttore della Contrada, l’immagine fu da questi subito portata nella Chiesa della Chiocciola e venne dichiarata dei chiocciolini loro patrona e avvocata.
L’archivio della Chiocciola conserva molti documenti che testimoniano come gli abitanti della Contrada si siano sempre prodigati per rendere la loro chiesa stabile e curata.
A causa della posizione, questo oratorio non dovette essere molto stabile e sano, anzi la sua staticità dette molte preoccupazioni.
Nel 1668 la Contrada della Chiocciola chiese ed ottenne di poter occupare un tratto della via pubblica per l’ampliamento della sua chiesa. In una raccolta di documenti manoscritti conservati nell’archivio della Contrada, troviamo la richiesta del 1675 di potervi costruire uno sperone di sostegno, richiesta che ritroviamo anche nell’Archivio di Stato tra i documenti della Biccherna del 1668.
Nel 1676 la Chiocciola otteneva la concessione di un altro tratto di strada e, sempre da un altro documento di Biccherna del 1677, sappiamo che tale Mazzuoli “scarpellino”, otteneva di far passare dalla porta Romana e da quella di San Marco le colonne ed i capitelli da adoperarsi nella costruzione dell’altare della chiesa.
Tra i documenti dell’archivio arcivescovile troviamo una supplica della Contrada all’arcivescovo del 1689 nella quale dice di aver contratto forti debiti per aver eseguito alcuni lavori di risanamento nella Chiesa, perciò richiede di poter vendere una bottega lasciata alla chiesa stessa sotto forma di legato pio. Riguardo a tali lavori diristrutturazione, sono conservati nell’archivio della Chiocciola vari pagamenti datati 1689 e 1700.
Ne riportiamo alcuni: il 1 maggio 1689 furono pagate £.13 a tale Bartolomeo Tabarrini, stagnaio, per aver risanato il tetto della chiesa; sempre il 1 maggio 1689 troviamo il pagamento di £.144 a Jacomo Giessaiolo, a Jouda Calcinaiolo, a Tistino Renaiolo; £. 36 furono ricevute da Bastiano Barbetti, fabbro; £.17 a Domenico Ciabattini per i “docci” occorrenti per il tetto; £. 74 al falegname Pietro Specetri; £. 168 e soldi 10 al muratore Lorenzo Becattini e a suo figlio e manuale per aver fornito sassi e mattoni per la chiesa; £. 119 e 13 soldi a Pietro Fornaciaio e £. 56 a Michelagnolo Vannini e a suo figlio, entrambi muratori per “maestranze fatte nella nostra chiesa”; il 20 Maggio 1690 furono pagate £.70 a Pietro Montini per le “Banche grandi” della chiesa.
Nel 1699 è registrato il pagamento di 29 scudi a Pietro Montini, intagliatore incaricato di fare l’altare di rilievo della chiesa. Al 4 Aprile 1700 troviamo ancora pagamenti per lavori di abbellimento della chiesa, tutti a Pietro Montini, di £. 22, 56, 21 e 12.
Nel 1704 la Biccherna concedeva il permesso di allargare ulteriormente la chiesa da ambo i lati, occupando tre braccia di suolo pubblico dalla facciata, in modo che la fabbrica si presentasse bene e vi si potesse fare un poco di portico.
Dopo la vittoria riportata sul Campo il 2 Luglio 1722, il premio, consistente in un bacile d’argento del valore di 60 talleri, consegnati dal Camerlengo della Biccherna ad Alessandro Cappelli, Capitano della nostra Contrada, fu utilizzato “per il servizio” della Chiesa.
Dallo stesso libro di Memorie e Deliberazioni della Contrada della Chiocciola, si rileva che il popolo in festa dopo la corsa vittoriosa del Palio anelava ad una ristrutturazione della facciata e del tetto pericolante della chiesa.
Nell’assemblea del 10 Agosto 1722, troviamo la deliberazione per fare la facciata, dove si asserisce che avendo riportato la vittoria del Palio del 2 luglio, e riscosso quindi il premio consistente in sessanta talleri, era ora intenzione della Contrada esaudire i desideri degli abitanti del rione che da circa venti anni speravano di poter rendere più decorosa la facciata della chiesa. Fu fatta così una votazione che si risolse con “37 lupini bianchi, e due neri…”.
Il 7 settembre, premesse alcune funzioni religiose, alle ore venti circa, fu dato inizio ai lavori, che terminarono nel novembre del 1723.
A testimoniare il valore che ebbe per tutti tale ricostruzione, alcune “Note di Carità avute per la Fabbrica della nuova Facciata”, tra le quali troviamo una donazione di mille libbre di ferro da parte del Granduca Cosimo III, la vendita di una casa appartenente alla Contrada ed ubicata di fronte al monastero di Santa Marta dalla quale si ricavarono £.607 e soldi 1, alcuni prestiti fatti dai contradaioli ed un prestito del Monte dei Paschi di 150 scudi.
Tra le carte della Contrada troviamo anche la copia della Licenza della Biccherna, datata 7 settembre 1722, dove si concede agli abitanti della Contrada della Chiocciola la licenza per poter restaurare la facciata della Chiesa ed occupare, a tal fine, circa “un braccio” di suolo pubblico.
L’anno successivo fu deliberato di abbellire con stucchi ed altri ornamenti, secondo il gusto del tempo, la nicchia che è nel centro della facciata e di farvi dipingere l’Immagine della Vergine, in sostituzione di quella di Jacopo del Pellicciaio, quasi del tutto deperita.
Ai fratelli Cremonesi era stata affidata tutta la parte decorativa, mentre la pittura fu commissionata a Francesco Feliciati su disegno di Pietro Montini.
Di questo troviamo conferma dall’adunanza del 31 maggio 1725, durante la quale viene deciso di correre al Palio il 2 luglio prossimo, dopodiché il Camerlengo Agostino Bindi fece il resoconto delle spese fatte che ammontavano a £.171 e delle elemosine che i deputati appositamente eletti erano riusciti a raccogliere, ossia £. 83, ritenendo così opportuno prendere un prestito di £.70.
La Contrada ha mantenuto tale sede sino al 1813, quando si trasferì nella chiesa del soppresso Convento di San Paolo, ancora oggi officiata ed intitolata ai Santi Pietro e Paolo.
Col cambiamento della chiesa, la Contrada operò anche quello della sua festa titolare, fino ad allora celebrata nella domenica successiva al “Corpus Domini”, sostituendola con la festa dei Santi Pietro e Paolo, il 29 giugno.
Nel 1962 la chiesa della “Madonna del Forcone” venne adibita a “Casa del Cavallo” rimanendo così un luogo eternamente “sacro” per i chiocciolini di ogni tempo.