Il generale stato di incertezza che caratterizzò il periodo a cavallo fra il XIX e il XX secolo, a Siena investì anche la vita delle Contrade che in quegli anni faticavano a trovare persone disposte a ricoprire ruoli dirigenziali . Fu così anche per la Chiocciola e per personaggi come Bernardino Barbetti, molto attivi nella vita della contrada. Passionale, meticoloso e audace: Barbetti trascorse nel rione di San Marco la maggior parte della sua vita diviso fra due grandi passioni: l’attività di artigiano e la Chiocciola.
Non fu un caso che a lui fu chiesto di ricoprire contemporaneamente sia il suolo di economo che quello di capitano in un periodo in cui la Chiocciola viveva anni poco fortunati anche da un punto di vista paliesco.
A quel tempo, fra Chiocciola e Tartuca era in essere un vincolo di amicizia iniziato nel 1689 ma da entrambe le contrade era maturata la comune volontà di chiudere questo legame e infatti la rottura definitiva arrivò nel 1910. Intanto, anche sul campo la Chiocciola era alla faticosa ricerca di una vittoria che, dopo la tripletta 1882, 1885 e 1888, tardava ad arrivare. Il digiuno si prolungò fino al palio del luglio 1911.
In questo contesto storico Bernardino Barbetti fu eletto capitano per tre diversi mandati (1893, 1902, 1906-7), quando oramai l’età cominciava a farsi sentire. La sua esperienza paliesca era però iniziata già nel 1883, quando venne eletto ad unanimità come “coadiuvatore” del capitano Giovanni Umicini ed insieme avevano condotto la Chiocciola alla vittoria.
Nel 1891, svolse la “facente funzione di Capitano della Contrada”: ma non fu una passeggiata. Il 14 agosto, subito dopo la prova della mattina, Bernardino Barbetti rientrò in contrada e consegnò al priore Francesco Pollini una lettera scritta di suo pugno dove dichiarò “recisivamente di renunziare alla carica di f.f. di Capitano” aggiungendo che “per la prova di stamani io provvedo al fantino ma per quella di questa stasera non me ne occupo”.
Alla Chiocciola era toccato in sorte Stormo del Ramalli, un cavallo che non faceva sognare. Bernardino decise così, di assecondare la volontà del fantino Vincenzo Terzuoli detto Tagatta (che aveva corso il palio di luglio con il giubbetto di San Marco) e farlo montare nell’Onda una contrada potenzialmente più competitiva e affidò Stormo ad un fantino di fortuna.
Puntuali arrivarono dure contestazioni di cui Barbetti parla diffusamente nella lettera dove giustifica le sue dimissioni: “Mentre vado per andare in San Marco cominciarono ad inveirmi per il Casato parlo di quelli di San Marco (…) non li posso dire con la penna le invettive e le minacce che mi furono fatte quasi con le mani al viso e dichiararono a loro pieno che avrebbero picchiato se non si faceva a modo loro. Io sig. Priore no mi sento disposto a compromettermi per la Contrada (…) conosco troppo bene il mio Carattere dove e capace di arrivare in Casi Consimili no voglio per la Contrada finire i miei anni in un Carcere”.
Per la cronaca, il Palio in questione fu vinto dalla Tartuca con il fantino Francesco Ceppatelli detto Tabarre e il cavallo Farfallina e la Chiocciola montò alla fine il fantino Tagatta.
Ma anche il Palio del 16 agosto 1893 che vide Bernardino Barbetti debuttare come capitano eletto non fu dei più fortunati. La contrada ebbe in sorte un cavallo discreto (baio del Fanetti) e il Barbetti decise di montare Emilio Lazzeri detto Fiammifero. Purtroppo “La Chiocciola non prese parte al palio, perché il di lei cavallo si tagliò un tendine di una gamba anteriore, essendosi da se stesso data una zampata col posteriore” .
Barbetti tornò a rivestire il ruolo di capitano in occasione della Carriera straordinaria del 28 settembre 1902, dedicata ai Congressisti della Società Dante Alighieri e corsa su iniziativa e a spese di un comitato di cittadini di cui Bernardino Barbetti era il presidente. La Chiocciola fu estratta per decima. Ebbe in sorte il cavallo baio del Carmignani, di buone possibilità. Dopo avere cambiato quattro volte il fantino alla fine scelse Ernesto Felli detto Chiccone che fu protagonista di una corsa incolore: “alla mossa il cavallo della Chiocciola rimase fuori del primo canape, mentre tutti aspettavano che vi entrasse di galoppo, come sempre fanno gli ultimi chiamati. Tuttavia nel palco dei giudici venne issata la bandiera bianca e così la mossa venne dichiarata buona e continuò la corsa.”
La caparbietà e la fierezza di Bernardino Barbetti si distinsero anche in questa occasione. A pochi giorni dalla carriera straordinaria venne convocata un’adunanza di Seggio per avere ricevuto una lettera di vive proteste da parte del Capitano. Il Barbetti non gradì di avere trovato “nell’ordine del giorno della imminente adunanza generale un voto di conferma al Capitano medesimo dietro richiesta di alcuni appartenenti alla Contrada”. Barbetti – si continua a leggere nel verbale – conferma a viva voce le sue proteste dichiarando che “il Seggio ha fatto male ad accettare quella inserzione perché il Capitano dura in carica un anno. […] Accaloratasi la discussione ed avendo il Camarlengo Tarugi altamente protestato contro la lettera inviata dal capitano al Vicario che ritiene offensiva per il Seggio in generale e per se e per il Vicario in particolare. Il Capitano Barbetti dichiara di non voler continuare oltre la discussione e abbandona immediatamente l’adunanza […] .
A Barbetti venne di nuovo conferito l’incarico di capitano in occasione della carriera del 16 agosto 1906. Decise di affidare il cavallo baio del Betti avuto in sorte, prima a Tabarre quindi a Ulisse Betti detto Bozzetto. La corsa venne caratterizzata da una furiosa lotta a suon di nerbate fra Chiocciola e Tartuca che si neutralizzarono a vicenda . La vittoria andò all’Aquila dopo 26 anni di digiuno, mentre la cuffia passò alla Chiocciola che non vinceva dal 1888. Questo palio fu il preludio alla rottura definitiva del vincolo di amicizia fra Chiocciola e Tartuca.
Di nuovo come capitano, Barbetti fu protagonista del Palio del 2 luglio 1907 di cui le cronache raccontano poco. Alla Chiocciola toccò in sorte la cavalla Stella su cui venne confermato Bozzetto. La Carriera fu conquistata dalla Giraffa.
Il profilo del “chiocciolino” Bernardino Barbetti ricostruito attraverso fonti documentarie legate alla vita della contrada, ci racconta un palio di altri tempi, un palio che non esiste più e che talvolta facciamo perfino fatica ad immaginare.
Più congeniale gli fu il ruolo ruolo di economo , al tempo particolarmente rilevante in quanto dedito all’amministrazione dei beni della Contrada, incarico che gli permise di esprimere le sue qualità di fine artigiano. In eredità ci ha lasciato preziosi registri in cui annotava minuziosamente tutti gli interventi da lui eseguiti e le spese relative. Fu lui che si occupò della riqualificazione a museo della vittorie di una sala acquisita dalla Contrada nel 1904-1905. Un’opera portata avanti con determinazione e in piena autonomia, senza alcun mandato specifico. Il lavoro fu condotto in maniera encomiabile e a costi estremamente bassi per la Contrada. Ma il Barbetti non si occupò solamente della restaurazione dell’ambiente da adibire a museo.
Si prodigò per abbellirlo con delle vetrine, dallo stile sobrio ma al contempo elegante, che garantissero una più idonea conservazione del patrimonio artistico. L’inaugurazione ebbe luogo in occasione della festa dei Santi Patroni del 1907.
Da allora quello spazio rimase esattamente come lo aveva sistemato il meticoloso economo fino al 1981 quando la Chiocciola inaugurò il nuovo museo, acquisendo i locali della Cripta sottostante l’Oratorio dei santi Pietro e Paolo. La ex sala delle vittorie, sistemata da Barbetti, divenne parte del nuovo complesso museale e accolse gli arredi e i paramenti sacri che vennero allocati proprio all’interno delle vetrine realizzate dall’ebanista.
Nel corso della sua vita Bernardino Barbetti fece diversi doni alla sua Chiocciola. Nell’ottobre del 1888 da un venditore ambulante recuperò una vecchia lastra di rame raffigurante il fantino Gobbo Saragiolo, commissionata dalla Contrada per la vittoria del 1823, di cui si erano perdute le tracce . Omaggiò la Contrada anche di due bellissime riproduzioni purtroppo andate perdute; una miniatura del Carroccio e un modello che probabilmente riproduceva una parte della piazza del Campo durante la corsa, corredata da fantini e cavalli automatici.
A lui si deve anche la realizzazione della riproduzione in scala della Porta San Marco, oggi conservata nel museo della Contrada, che ci offre una rara testimonianza di come appariva nella prima metà dell’Ottocento, prima dei significativi interventi a cui fu sottoposta.